Street Photography..appunti sparsi#2 – Parallelismi: Vivian Maier e gli altri grandi fotografi

Fotografare per se stessi o per compiacere gli altri?

Siamo costantemente invasi da immagini e mi pare di percepire che è più la seconda ipotesi a prendere forma, cioè cerchiamo di compiacere gli altri più che noi stessi.  Questa considerazione mi fa pensare un personaggio venuto alla ribalta negli ultimi anni, peraltro non per sua volontà ma per un puro caso.

Mi riferisco alla “camaleontica” Vivian Maier. Da illustre sconosciuta a grande fotografa del ‘900.

Mai un’esposizione, una pubblicazione, un accenno alla sua “seconda vita”. L’enigma di un’artista che fotografava per compiacere se stessa. Realizzò un enorme numero d’immagini senza mai mostrarle a nessuno e che ha tentato di conservare come il bene più prezioso.

Forse, proprio in quel segreto, c’è l’essenza della sua arte.

Molti si sono “avventurati” nel dare un senso ad anni di fotografia che se non scoperti per puro caso, sarebbero rimasti sepolti chissà dove…

La Maier aveva delle ottime basi di fotografia, pur essendo autodidatta e gli innumerevoli scatti, a mio modesto parere, portano “l’impronta” di altri grandi della fotografia di strada.

Possedeva una Rolleiflex 6×6 per immortalare la società americana con uno sguardo realistico ma sensibile allo stesso tempo.

Il suo sguardo amava soffermarsi sulla vita di strada, la quotidianità, sulle persone comuni che diventavano protagoniste inconsapevoli delle sue fotografie.

Anziane signore impellicciate, stizzite dall’obiettivo, uomini con i cappelli, bambini che piangono, mamme eleganti, la città con i suoi problemi e le persone meno agiate.

© Vivian Mayer
© Vivian Mayer
© Vivian Mayer

Dalla Rolleiflex, negli anni ’70, passa alla Leica e cambia il modo di scrutare la sua città, passando dall’altezza del ventre a quella dell’occhio….una nuova prospettiva….un nuovo sguardo, uno sguardo che afferrava l’essenziale.

I soggetti e il suo stile rapiscono e per me sono esempi preziosi di Street Photography e non solo!!

Desidero azzardare e provare ad accostare il suo stile ad alcuni grandi fotografi.

Cominciamo con questo parallelismo dicendo che nella sua produzione fotografica spicca la presenza di numerosi autoritratti, caratteristica o uso frequente di molti grandi della fotografia.

Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventa quasi un tramite per tentare di avvicinarsi a questa misteriosa fotografa.

Doisneau
Arbus
H.C. Bresson
Mayer

In alcune foto invece si denota la “ruvidezza” dei personaggi di Diane Arbus:

© Vivian Mayer
© Diane Arbus
© Vivian Mayer
© Diane Arbus

In Robert Frank e Garry Winogrand oltre la prolificità, si denota il lavoro sulla società americana, i luoghi di vita quotidiana e le scene di vita vissuta.

© Vivian Mayer
© Garry Winogrand
© Vivian Mayer
© Robert Frank
© Vivian Mayer
© Robert Frank
© Vivian Mayer
© Garry Winogrand

La vita di strada lega ancora la Maier a Doisneau, entrambi caratterizzati da una sincera e umoristica rappresentazione della società.

Entrambi amavano immortalare la cultura dei bambini della strada, dei loro giochi e delle loro attività.

© Robert Doisneau
© Robert Doisneau
© Robert Doisneau
© Vivian Mayer
© Vivian Mayer
© Vivian Mayer

L’istante decisivo, l’umorismo e l’introspezione può legare Vivian Maier a Henri Cartier-Bresson. La macchina fotografica rivolta come una finestra sul mondo ma anche come uno specchio in una sorta di “analisi introspettiva”. Spesso non forniscono un’interpretazione chiara della scena, portano chi la osserva a farsi domande.

© Vivian Mayer
© Vivian Mayer
© Vivian Mayer
© Henri Cartier Bresson
© Henri Cartier Bresson
© Henri Cartier Bresson

Per adesso mi fermo qui, continuerò ad osservare i lavori di Vivian Maier con molto interesse e concludo con una riflessione di Marvin Heifermann (1):

“Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata… Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”.

(1) Tratta dal catalogo “Vivian Maier – Una fotografa ritrovata” di John Maloof (acquistabile su Amazon)

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