Identità e Cambiamenti

Identità e cambiamenti

Sempre più si parla di corpo e delle sue rappresentazioni. Il corpo che si mostra, che si racconta, che soffre…Il corpo che diventa palcoscenico in cui poter rappresentare le proprie emozioni, il piacere, il desiderio, il dolore. Come possiamo raccontare il corpo?  L’immagine corporea è l’immagine e l’apparenza del corpo umano che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare, e come ogni quadro o fotografia, nel guardarlo, possiamo provare emozioni, possono emergere ricordi e sensazioni. Ancor di più se c’è stato un drastico e radicale cambiamento. Anche se il cambiamento è “positivo” genera in noi un profondo senso di disorientamento e smarrimento perché incapaci di riconoscerci, incapaci di ritrovare la nostra identità. E’ necessario essere resilienti, di auto-ripararsi come fa la natura, che ha quella capacità di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stata sottoposta a una forte perturbazione. E’ necessario un lungo percorso di auto-accettazione, di ricerca di se stessi e questo percorso è spesso faticoso, duro, impegnativo, doloroso ma necessario per andare oltre e accettare il nostro nuovo Io. (Adriano Cascio)

Atemporalità corporea (testo introduttivo a cura di Marianna Porcaro)

Dentro il corpo libero. Dalla gabbia dei ruoli alla maschera che con il tempo indossiamo. L’immagine si ferma prima dell’idea. Nello spazio atemporale. Il corpo di una Donna conosce la vita portandola addosso, si perde in deittici costanti che l’avvicinano alla natura. Una pianta, il raggio del sole che filtra dalla finestra, il vento tra i capelli. Il corpo celebra una forma nella sua accettazione. Il bello modifica il concetto del tempo e si misura nella sua percezione. Per sapere di aver un corpo occorre sentire. L’emozione di una carezza, il dolore di una perdita, la traccia di una ferita sulla pelle. Bene e male. Dialettiche che si dilatano nel senso dell’immagine e dell’apparenza del corpo. La rappresentazione di sé in una fotografia cambia ma non perde la sua identità. Custodia del vissuto e del passaggio, ci guida nell’occupare i luoghi fisici e culturali in cui si muove l’anima attaccando ai nostri movimenti un forte senso di appartenenza. Possedere è essere ascoltabili del molteplice che ci caratterizza. Ma il corpo è un’arma che resiste alla guerra emotiva. Il corpo ferito è un elogio alla fragilità. Una fragilità dentro una verità umana sospesa, tra il limite e la ferita. Dialoga la geometria delle forme nella stessa nudità che abita gli eventi senza riserve. Riappropriarsi del corpo, riconoscersi nel “taglio” di una ferita, diventata poi “cicatrice”, un tatuaggio di rigenerazione e difesa. Il segno della ferita nelle pieghe dell’anima libera dai sotterranei di ciò che si trova sotto la pelle. Un labirinto negli occhi che si perde nel segreto della propria “crepa” interna. La pelle “segnata” si traveste con una mentalità mistica. La ferita sparisce, la pagina della pelle ritorna bianca, il taglio diventa un tentativo per cercare una propria altra definizione. Il dolore costringe a guardare oltre la soglia dell’abitudine e la ferita esibisce la propria palpitante testimonianza di vita.

Oltre i cambiamenti (Testo critico a cura di Orietta Bay)

Tra le molteplici accezioni di significato del termine corpo, parola generica che indica qualsiasi porzione limitata di materia, è per noi di primario interesse il riferimento alla nostra struttura fisica. Il nostro corpo è infatti il primo strumento che ci mette in relazione, il tramite della comunicazione con lo spazio e la realtà che ci circonda. Quindi mezzo indispensabile per stabilire contatti, per uscire, andare fuori, scoprire. Al contempo però è struttura che ci circoscrive e ci isola nei suoi confini materiali. Ed è proprio da tali considerazioni, da questo binomio che sottende una sorta di contraddizione che si dipana tutto il lavoro di Adriano Cascio. Un’analisi fotografica che vuole approfondire le intime sensazioni e le complessità che si generano all’interno del nostro Io. Far luce sugli scombussolamenti della sfera psicologica per trovare la possibile soluzione. Nel progetto, chi vive questo travaglio interiore tra la propria individualità, l’accettazione dei limiti e il rapporto con il proprio divenire è una donna. Saranno le immagini realizzate, ritratti che possiamo definire interiorizzati, che rappresentando in modo onirico e simbolico il percorso esistenziale della protagonista sapranno esserci guida nell’intima lettura. Fotografie che mostrano dubbi, sconforto, anche lacrime. Segni di un cammino complesso e pieno di incertezze. L’autore decide di usare un colore morbido, delicato, che meglio suggerisce l’intimità del racconto che parla di un vivere in bilico tra ciò che si vorrebbe e ciò che si è in una faticosa ricerca di stabilità ed auto-accettazione. Nella sequenza narrativa ci sono rimandi alla natura, agganci per trovare forza, ideali perni capaci di far ruotare la vita in positivo. Aiuti esterni incoraggianti. Un riferimento simbolico che può orientare in tal senso è suggerito, a conclusione del progetto, dall’immagine finale. Guardando oltre, abbattendo le incertezze costruite dai ripiegamenti interiori, che fanno implodere, proseguendo liberi dai giudizi, proiettati nell’agire, senza chiusure, si possono superare le prove esistenziali. Solo riconoscendoci ed imparando ad accogliere tutte le parti di noi stessi e le inevitabili mutazioni si potrà trovare serenità.